IPOVISIONE
In questa sezione si parlerà di “ipovisione”, cercando di dare informazioni utili al fine di comprenderne le caratteristiche peculiari che sono per molti ancora poco chiare.
L’interesse è rivolto alla diagnosi funzionale visiva, alle conseguenze che tale disabilità comporta nella vita quotidiana e alle strategie che si possono mettere in atto per limitarle e gestirle al meglio (diagnosi funzionale visiva-operativa). L’obiettivo è far sì che l’ipovisione non crei negli individui interferenze e ostacoli che niente hanno a che fare con la disabilità visiva in sé ma, il più delle volte, riguardano le linee guida più adeguate non attuate, spesso per mancanza di informazioni.
Le patologie che causano ipovisione, le cure mediche e la riabilitazione visiva sono argomenti che non verranno trattati, in quanto non rientrano nelle competenze di chi scrive e negli scopi informativi che il sito si prefigge.
Si invitano i lettori a migliorare, commentare e criticare i contenuti della sezione e segnalare eventuali errori, imprecisioni e scorrettezze.
Classificazione di cecità e ipovisione per la Legge
Si parte da tale definizione per sottolineare come la Legge prenda in considerazione l’acuità visiva e il campo visivo quali fattori invalidanti, ma trascuri tanti altri aspetti importanti che intervengono nell’acquisizione e nell’elaborazione delle informazioni visive.
Il link dove leggere il testo della Legge 3 aprile 2001, n. 138 è il seguente: http://www.handylex.org/stato/l030401.shtml
Definizione di ipovisione
La definizione di ipovisione non si esaurisce pertanto con la classificazione della Legge. Anzi, è parere personale che la cecità dovrebbe essere considerata esclusivamente la condizione che comporta la mancanza totale della visione. Infatti, anche un minimo residuo visivo è utilizzabile e dà informazioni importanti. Anche coloro che sono in grado di percepire delle semplici “masse” in condizioni di luce, traggono da queste dei vantaggi rispetto a coloro che non le percepiscono (una massa può, per esempio, significare la presenza di un ostacolo e anticiparne il contatto o aiutare ad evitarlo; oppure la presenza di qualcosa che potrebbe essere utile esplorare per capire di cosa si tratta, ecc.).
Sapere quanto e cosa una persona vede è importante, ma è molto più importante sapere COME una persona vede ed è il presupposto da cui partire per un intervento abilitativo/riabilitativo.
Capita spesso di lavorare con persone la cui diagnosi visiva non corrisponde alle effettive condizioni del soggetto: diagnosi funzionale visiva. Non perché la diagnosi visiva non sia esatta, ma perché essa non contempla tutte le variabili che invece la diagnosi funzionale visiva prende in considerazione, senza trascurarne possibilmente nessuna.
E’ evidente quindi che quando si parla di ipovisione, la sola diagnosi visiva non basta, essa deve essere accompagnata dalla diagnosi funzionale visiva.
La diagnosi funzionale visiva nell’ipovisione si riferisce a due importantissime valutazioni. La prima riguarda la visione: la diagnosi funzionale visiva viene fatta da un oculista esperto di ipovisione, il quale darà indicazioni per le possibili cure, correzioni e riabilitazione visiva. La seconda riguarda la parte operativa, ovvero la vita quotidiana: tutte le cose che si è in grado di fare o non fare a causa della limitazione visiva; la diagnosi funzionale visiva-operativa viene fatta dal tecnico di om-ap che, preso atto della diagnosi funzionale visiva, aggiunge ad essa la propria per completarne il quadro.
I termini “diagnosi visiva” e “diagnosi funzionale visiva” sono qui usati (forse in modo non del tutto corretto) per distinguere una diagnosi visiva di ipovisione fatta usando strumenti che normalmente vengono usati con persone che hanno deficit visivi correggibili con lenti apposite e dove vengono date indicazioni sull’acuità visiva, sul campo visivo, sulla percezione del colore, del contrasto e poco altro, tralasciando quelle che vengono indagate in una diagnosi funzionale visiva fatta con strumenti usati esclusivamente in presenza di deficit visivi che non trovano soluzione con l’esclusivo utilizzo di lenti apposite, ma che necessitano di altri strumenti, supporti e riabilitazione appropriata e mirata per farvi fronte. Si sottolinea inoltre, che la stessa diagnosi funzionale visiva, spesso non si completa con quella operativa, tralasciano quindi anch’essa un importante aspetto.
Come mai succede questo?
Non ho una risposta, ma penso sia una questione di competenze specifiche e di lavoro multidisciplinare. Non solo, nel trattamento riabilitativo dell’ipovisione c’erano e ci sono tutt’ora orientamenti contrastanti. Nel passato chi aveva un basso visus veniva considerato cieco e l’educazione era la stessa usata per le persone non vedenti. Per esempio, anche a coloro che avrebbero tratto beneficio dall’uso di caratteri di stampa ingranditi per la lettura, veniva insegnato il Braille. Se un tempo la tendenza era quella di “annullare” il visus, oggi la tendenza è quella opposta, ovvero, usare la visione sempre e comunque, anche dove il visus risulta poco funzionale. Rifacendosi all'esempio della lettura, l'ideale sarebbe che se la persona non trae beneficio nell’usare caratteri di stampa ingranditi o dall'uso di altri ausili per la lettura perché le risorse attentive che impiega per leggere esauriscono quelle di cui avrebbe bisogno per ricordare ciò che legge, è meglio che usi il Braille. La persona userà la visione o il Braille in base alle circostanze e alle sue specifiche esigenze. Sembrerebbe solo una questione di buon senso, ma non è così. Bisogna fare i conti con le “mode” del momento e la mancanza di conoscenza di un problema e delle sue possibili e svariate soluzioni.
Da quanto detto finora è chiaro che dare una definizione univoca dell’ipovisione non è possibile. L’ipovisione è molto difficile da capire. La stessa diagnosi funzionale visiva, anche dove molto accurata, non soddisfa mai pienamente chi la riceve. Può perfino essere difficile da capire per chi ha il problema. Infatti, in base alla patologia, la visione può cambiare dal giorno alla sera: da condizioni di luminosità a condizione di buio; da ambiente ad ambiente: passare da un ambiente luminoso a uno meno illuminato (es. entrare in un edificio); di ora in ora: cielo nuvoloso e sole; da condizioni di calma a condizioni di stress, di malattia o di salute, ecc. La persona ipovedente si vede costretta ad adottare strategie molto diverse in base alle mutate condizioni: proprie e ambientali. L’adattamento può richiedere tempo che non sempre è disponibile e comportamenti che non sempre si è in grado o sono difficili da mettere in atto. Gli ambienti esterno e interno sono per lo più progettati per coloro che hanno una buona visione ed efficienza fisica!
Per iniziare
Segnalo il sito internet curato dalla dottoressa Lea Hyvarinen perché in esso ho trovato informazioni che spiegano molto bene cosa si intende per diagnosi funzionale visiva e tanto altro:
http://www.lea-test.fi/leaweb/index.html e http://www.lea-test.fi/index.html
Altro sito dove trovare informazioni e scaricare opuscoli: Prevenzione ipovisione e cecità - Archivio Opuscoli
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