Cene al buio
Negli ultimi anni si è assistito a un proliferare delle cosiddette “cene al buio”. Molti mi hanno chiesto in cosa consistono e lo scopo che si prefiggono.
Di seguito spiego in cosa consiste una cena al buio e il mio parere in merito, sperando che porti a interessanti scambi di idee.
Per cena al buio si intende una cena fatta in un locale, ristorante ma anche altro luogo, dove la stessa viene consumata in ambiente schermato alla luce, ovvero al buio totale. Viene anche dato risalto al fatto che le persone addette al servizio al tavolo sono persone non vedenti.
Lo scopo che gli organizzatori si prefiggono è quello di far conoscere il “mondo” dei non vedenti facendo provare come in assenza della vista si possano scoprire nuove sensazioni alle quali chi vede normalmente non dà particolare importanza o non se ne rende conto.
A prima vista sembrano iniziative molto interessanti, ma se analizzate in profondità peccano su molti fronti.
In primo luogo chi non vede non è al “buio”. Chi non vede quando mangia è visto dagli altri; è chi non vede che non può vedere gli altri. E qui scatta il primo problema. Per esempio, chi ha da poco perso la vista riferisce che non se la sente più di andare al ristorante con il compagno/a o gli amici di sempre, perché non si sente più “all’altezza” di fare ciò che faceva prima, ha paura di fare brutta figura, di sporcarsi, ecc. Molte persone al bar hanno cambiato abitudine nel bere un caffè, bevendolo amaro per paura di non essere in grado di versare lo zucchero nella tazzina. Ciò è anche sentito in maniera più forte dalle donne rispetto agli uomini (anche se non è la regola) forse perché una donna è più imbarazzata se si sporca o se non riesce a tagliare un boccone di dimensioni adeguate da portare alla bocca, ecc. Se tutti fossimo al buio e nessuno vedesse niente di quello che facciamo, probabilmente non vi sarebbe tutto questo imbarazzo, sensazioni olfattive e gustative a parte. Queste vengono in un secondo tempo. Prima di tutto, quando si è in compagnia si pensa ad essere persone adeguate alla situazione, come tutti del resto. Se siamo mancini e ci rompiamo la mano sinistra, saremo imbarazzati ad andare al ristorante e dover fare tutto con la mano destra! Solo dopo qualche tempo, quando ci siamo allenati un po’, ci sentiamo più adeguati! Voglio ricordare inoltre che per molte persone "mangiare" in assenza della vista ha tante altre implicazioni. A questo proposito consiglio di leggere nel sito sotto la sezione di autonomia personale il capitolo "mangiare".
Un altro punto che dovrebbe far discutere è il rilievo che viene dato al personale non vedente che serve al tavolo. Quasi a voler dar risalto sulla bravura del non vedente nel servire e destreggiarsi tra i tavoli. Non mi sembra sia una cosa sulla quale dare risalto, ma piuttosto un problema di disinformazione su ciò che le persone non vedenti sono in grado di fare. Le persone non vedenti fanno questo ed altro. Alcune non fanno né questo né altro. Esattamente come tutti. Cosa ne pensate? Forse il problema è che i ristoranti non prenderebbero mai una persona non vedente come cameriere, per pregiudizio nei suoi confronti. Allora si potrebbe far qualcosa in questo senso, ovvero informare che le persone non vedenti che hanno acquisito buone abilità, sono in grado di svolgere molti lavori, compreso quello di cameriere e non solo il lavoro di centralinista o massaggiatore: lavori che occupano nella maggior parte dei casi. Ma è questo il modo giusto per farlo notare e fare informazione?
Se lo scopo delle cene al buio è far conoscere meglio il mondo dei non vedenti, questo è il modo peggiore per far capire quali siano i loro reali problemi. Ecco allora che si sposta il tutto sui sensi: sul gusto e sull’olfatto. Si vuole far credere che chi non vede ha questi sensi più sviluppati (cosa non vera!) e che quando mangia trae dal cibo sensazioni che chi vede non ha. Niente di tutto questo mi sembra confermi quello che succede realmente. Quando siamo di fretta e mangiamo il cosiddetto “boccone” certo non ci preoccupiamo molto del fatto che il panino sia particolarmente squisito e profumato. Al contrario quando decidiamo di fare una cenetta come si deve o di andare a cena da amici o in un ristorante, oltre al piacere di stare insieme ci interessiamo maggiormente della qualità del cibo che, oltre ad appagare il nostro gusto e olfatto, deve anche appagare la nostra vista. La vista, appunto, aspetto su cui chi non vede non può contare e deve farsi descrivere come si presentano i cibi. E’ esperienza comune che quando vogliamo assaporare meglio un cibo tendiamo a chiudere gli occhi per concentrarci solamente su quello che abbiamo in bocca. Il metodo per gustare o assaporare meglio qualcosa sappiamo tutti come farlo se abbiamo voglia e tempo per farlo e non è certamente mangiando al buio che “scopriamo” qualcosa di nuovo!
Tirando le conclusioni sulle cene al buio, penso siano solo una moda del momento e che come tutte le mode presto avrà “per fortuna” fatto il suo tempo.
Diversa è l’esperienza della mostra “Dialogo nel buio” che da qualche hanno sta girando per vari Paesi e che attualmente è presente anche a Milano presso l’Istituto dei Ciechi, in via Vivaio. Sul sito dell’Istituto potrete trovare informazioni oppure al link seguente:
www.dialogonelbuio.org/index.php?...
Penso che le cene al buio siano anche un "business" del momento e spero quindi che finiscano presto augurandomi anche che le interessanti iniziative restino tali e non le "inglobino".
Come sempre concludo dicendo che la discussione è aperta, cosa ne pensate? Segnalo i seguenti link per chi volesse leggere altri pareri:
http://www.consequenze.org/it/canali/pillole/219-cenealbuio.html
LAURA RAFFAELI: CENE AL BUIO: SQUALLORE E BUSINESS
vanda Zini 20-12-2010
Altre riflessioni sulle "Cene al buio"
Altre riflessioni sulle cene al buio riguardano il personale non vedente che ci lavora e le persone che fanno questa esperienza.
In merito al personale non vedente non vi è dubbio che sia soddisfatto e trovi soddisfazione in quello che fa. E’ esperienza comune accettare ciò che ci offre il mercato quando si ha voglia o bisogno di lavorare. Se guardassimo alle cose sbagliate che fanno i nostri datori di lavoro, forse saremmo in parecchi a essere a spasso! Non ho niente da ridire sul personale non vedente che svolge questo lavoro; al contrario, sono persone in gamba e hanno sicuramente lavorato parecchio per conquistare la loro autonomia.
In merito alle persone che fanno l’esperienza di mangiare al buio, quasi tutte riferiscono di essere molto soddisfatte. Di aver capito un sacco di cose da questa fantastica esperienza. Non c’è obiezione da fare in merito, soprattutto perché “non conoscono il problema”. Mi spiace solo che queste persone non abbiano l’opportunità di capire invece la vera essenza della non visione o ipovisione, perché ciò che offre il mercato è solo questo. Vorrei suggerire a coloro che hanno fatto questa esperienza di provare a rifarla andando in un comune ristorante o in un bar bendandosi, per simulare la non visione, oppure con un paio di occhiali ai quali venga applicato sulle lenti (o al posto delle lenti) della plastica opaca (quella delle cartelline che si usano per mettere i documenti) per simulare un certo tipo di ipovisione. Questa è un’esperienza reale, che permette di capire veramente qual è il problema di chi non vede o vede poco. Le persone si accorgeranno quanto sia diversa questa esperienza dall’esperienza fatta in un ristorante al buio. Infatti saranno solo loro a “non vedere o vedere poco”, ma saranno viste da tutti gli altri, e questo sarà solo uno dei tanti problemi che incontreranno. Bisogna inoltre considerare che coloro che fanno questa esperienza hanno deciso di mettersi la benda e, finita l’esperienza, la benda possono toglierla! Manca tutto il vissuto di una persona non vedente, congenita o che ha da poco perso la vista. Le persone non vedenti che hanno buone abilità, hanno lavorato molto per conquistarle. Improvvisarsi non vedenti con una benda o in un locale al buio, può risultare molto invalidante, dando la sensazione che senza la vista sia quasi impossibile fare le cose che si fanno avendola. Ovviamente questo è vero per molte cose, ma non lo è assolutamente per tantissime altre. E ancora, fare un’esperienza al buio o bendati senza conoscere un po’ il problema della non visione o ipovisione può portare a trarre delle conclusioni sbagliate e, di conseguenza, a non prendere in considerazione i problemi reali. Vanda Zini 22-09-2011
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