Il lavoro con i bambini è un lavoro sostanzialmente diverso rispetto al lavoro con gli adulti; diverso è anche il lavoro con soggetti ciechi congeniti o ipovedenti o che diventano ciechi o ipovedenti.
Con i bambini bisogna progettare un programma che segua le tappe dello sviluppo (v. metodologia).
La conoscenza del bambino passa inoltre attraverso una complessa raccolta di dati che vanno pian piano verificati. La valutazione funzionale da parte del tecnico di OM può richiedere parecchio tempo prima di passare ad individuare le strategie migliori da attuare durante i propri interventi o da suggerire a chi si prende cura del bambino.
- Il "programma di OM" rivolto a bambini/adolescenti che crescono può durare per parecchi anni, segue le tappe dello sviluppo favorendo l'acquisizione di competenze adatte ad ogni età. Il tempo necessario da dedicare al programma varia da caso a caso, così come per la frequenza e la durata degli incontri.
- Il "programma di OM" rivolto a ragazzi e adulti che necessitano di acquisire maggior indipendenza o necessitano di riappropriarsi dell'indipendenza che avevano prima di perdere la vista, dura circa 80 ore, gestite in incontri bisettimanali della durata di circa 2 ore/incontro. Anche in questo caso il numero di ore e la gestione delle stesse è solo indicativo.
- OBIETTIVI: gli obiettivi sono le mete che si intendono raggiungere, impiegando azioni e risorse. Variano da caso a caso e hanno valore motivazionale. Durante l'attuazione del programma il tecnico di OM verifica i progressi delle persone e il raggiungimento o meno degli obiettivi. Tale verifica offre la possibilità di proseguire o modificare le modalità dell'intervento che dovrà essere orientato al miglioramento della qualità della vita della persona.
Educazione/Abilitazione/Riabilitazione
L'esperto di OM è soprattutto un esperto della disabilità/handicap conseguenti alla minorazione visiva. Non fa valutazioni mediche o diagnostiche. La sua valutazione "tecnica" avviene nel mondo reale ed è spesso più "esatta" e utile rispetto alle sole "misurazioni" del danno visivo. Per esempio, due individui con la stessa acuità visiva possono avere capacità e difficoltà completamente differenti.
Inoltre, le competenze richieste dalle innumerevoli azioni della vita quotidiana, non si possono valutare solamente con "simulazioni" fatte in una stanza. La simulazione non richiede le stesse competenze del mondo reale. Il mondo reale richiede abilità sociali, di comunicazione, ecc. L'individuo si espone in prima persona, si mette realmente in gioco. Il tecnico di OM fa la propria valutazione tecnica nell'aula di scuola, al bar, nella casa e nei dintorni dove vive il proprio utente.
Il programma di OM (dopo l'acquisizione dei requisiti di base e raggiunta la maturazione necessaria) si concentra soprattutto sull'orientamento e sulla risoluzione dei problemi, dove verranno ricercate le situazioni che rinforzeranno e aumenteranno le abilità precedenti.
Il programma di OM deve tener conto del futuro per stare al passo con i veloci cambiamenti della società e della tecnologia.
- Il bastone bianco è e sarà ancora per parecchio tempo un ottimo strumento per la mobilità. E' poco costoso, efficace, duraturo ed è soprattutto un simbolo di indipendenza.
- Le abilità richieste durante gli attraversamenti continueranno ad essere una componente critica dell'OM. Le automobili diventano sempre meno rumorose aumentando di conseguenza la difficoltà nel riconoscerle e si dovranno trovare nuove strategie di riconoscimento.
- L'orientamento rimarrà l'abilità più significativa. Senza buone abilità di orientamento, non si diventa indipendenti.
Qualsiasi cosa riservi il futuro, chi ha buone capacità di orientamento avrà più possibilità di affrontarlo. I GPS cambieranno i metodi di insegnare l'orientamento e il lavoro richiederà buone abilità di risoluzione dei problemi. Buone capacità analitiche saranno importanti per i successi futuri.
- La risoluzione dei problemi deve quindi trasformarsi in risultati significativi nel programma di OM.
A essa sono collegate le abilità di raccolta e valutazione delle informazioni e della comunicazione.
L'uso delle tecnologie diventa anch'esso fondamentale, molte di queste sono rivolte a persone ipovedenti e aumentano notevolmente il grado e l'esattezza delle abilità visive.
* (Vedi sezione Tecnologie e informatica).
- La sfera delle abilità sociali è anch'essa collegata alla risoluzione dei problemi. Una persona che guarda in faccia il proprio interlocutore, che sa come ci si comporta durante un colloquio di lavoro, ecc., è una persona che dà un'immagine positiva di sé; al contrario, difficilmente otterrà quel posto di lavoro od otterrà dei giudizi positivi.
** Studi e tecnologie sono in continua evoluzione ed è per questo che anche il tecnico e il programma di OM devono adeguarsi ed evolversi per offrire il meglio all'utenza.
Indipendenza
Il programma di OM e AP si concentra sulle abilità del vivere quotidiano, sociali e di mobilità. Le lezioni sono strutturate con attenzione, sono basate su esperienza e appropriazione di concetti.
Se l'obiettivo principale è l'indipendenza, sin dal primo giorno le persone sono consapevoli che stanno imparando “a fare le cose da sé” ed è sottolineato ad ogni lezione.
Le persone si devono organizzare autonomamente: per chiedere aiuto alla gente giusta, per l’uso del denaro, essere responsabili sull’organizzazione del proprio tempo e tanto altro. Alla fine devono sapersi muovere autonomamente nelle vicinanze della loro residenza e negli ambienti che frequentano abitualmente senza il diretto controllo di altri.
I bambini (ma anche gli adulti) non svilupperanno l’indipendenza durante il corso normale della loro vita se non avranno la complicità di genitori ed educatori. L’intervento precoce è vitale per il futuro dei bambini con problemi visivi, combattere la dipendenza significa migliorare la qualità di vita e anche ridurre i costi sociali. .... (dell'indipendenza si parlerà anche in altri capitoli).
Imparare a gestire un percorso
Ci sono due generi di esperienze: in ambiente interno e in ambiente esterno. Ogni ambiente ha un insieme di concetti che devono essere assimilati per permettere il movimento intelligente e mirato. Usare i punti di riferimento richiede un stretta familiarità dei particolari ambientali:
- concetti dell’ambiente interno: pavimento, soffitto, parete, porta, finestra, corridoio....;
- concetti dell’ambiente esterno: marciapiede, carreggiata, via, intersezione, incrocio.....
Dopo che l’allievo ha acquisito determinati concetti, prima di muoversi dovrà stabilire la sua posizione iniziale per raggiungere una certa destinazione. Significa rivedere un programma mentale dell’itinerario da seguire e ciò coinvolge:
- pensare al punto o punti di riferimento che incontrerà e in che ordine;
- pensare ai messaggi che riceve dall’ambiente e dalle cose che compongono l’ambiente mentre
percorre l’itinerario;
- valutare la distanza da percorrere e i tempi di percorrenza.
Questi tre punti richiedono agli allievi di capire che informazioni trasmettono i punti di riferimento, gli oggetti e gli indizi che incontrano durante il percorso per trarne la giusta utilità.
Per esempio:
- allineare il proprio corpo ad una parete per prendere la direzione corretta del senso di marcia;
- proseguire dritto e non girare, oppure girare di 90°;
- essere arrivati a destinazione;
- aver sbagliato strada; .....
E’ importante capire che i “punti di riferimento” e gli “indizi”, qualunque sia il genere di associazione che ci colpisce (buona o meno buona), si ricorderanno più facilmente di quelli a cui si è indifferenti.
Affinché un “punto di riferimento” o un “indizio” siano un valido sussidio per orientarsi, devono avere caratteristiche che possano “impressionare”, per esempio: avere un posto funzionale nell’ambiente, avere un rapporto spaziale con altri "punti/limiti" circostanti, caratteristiche sensitive.
E’ compito dell’istruttore di OM aiutare i bambini a conoscere i vari punti di riferimento e gli indizi mentre si imparano nuovi percorsi: dal punto di riferimento o indizio si sviluppa la conoscenza dell’itinerario e si conclude con la capacità di fare programmi mentali. I "punti di riferimento" (che chiameremo anche limiti, intesi come qualsiasi "contrassegno/delimitazione") sono “oggetti sensoriali”; gli allievi hanno bisogno di tempo per esplorare e concettualizzare le loro caratteristiche: forma, peso, odore, suono, struttura ed elementi, scopo. Occupano anche una posizione nello spazio: sono vicino a, accanto a, si avvicinano o allontanano, .... Deve essere speso molto tempo a questa attività e dovrebbe essere fatta il più presto possibile.
Acquisita la consapevolezza dei “limiti” e “indizi” si passerà a strutturare un itinerario che solitamente inizia con percorsi brevi: percorsi in linea retta, partire dal punto di riferimento e raggiungerne un altro dopo alcuni passi; partire dal punto di riferimento, raggiungerne un altro e farvi ritorno; ... successivamente si aggiungono percorsi con “giri”: percorsi a L, U, O.
Si metterà l’allievo in grado di orientarsi e organizzarsi in questo percorso e si valuterà il grado di competenza e appropriazione dei concetti.
Alcuni allievi si “perdono” in zone conosciute e hanno frustrazioni perché continuano a confondersi; anche nelle zone dove la consapevolezza ambientale e le abilità di orientamento sono sufficienti! Perché succede? Se si effettuano insieme le verifiche, queste possono essere buone e allora dove sta il problema? A volte gli allievi non prestano la giusta attenzione al proprio movimento del corpo e spesso, invece di controllare effettivamente ogni spostamento, succede quasi per puro caso che si ritrovino sul giusto percorso anche se hanno compiuto movimenti sbagliati, per esempio delle rotazioni.
Muoversi agevolmente nello spazio senza la visione richiede un livello elevato di conoscenze e abilità. Per esempio, l’allievo deve capire la distinzione fra l’orientamento e l’orientamento rispetto all’obiettivo. L’orientamento può essere inteso solamente come stabilire dove si trova un determinato luogo: stabilire dove si trova il panettiere, la scuola; stabilire dove si trova il nord per mezzo di una bussola.
L’orientamento rispetto all’obiettivo richiede di percorrere un certo itinerario per raggiungere l’obiettivo, dove si possono effettuare anche numerosi cambi di direzione.
L’orientamento e l’orientamento rispetto all’obiettivo sono due abilità separate che richiedono due strategie differenti.
Molti adolescenti (ragazzi e adulti) si muovono abbastanza bene nel loro ambiente; hanno elaborato strategie personali che consentono loro di raggiungere luoghi di uso o interesse primario. Spesso, osservandoli durante questi percorsi, si nota che la piena consapevolezza spaziale non è presente. Questi spostamenti vengono eseguiti perché imparati a "memoria" o per "tentativi" e, di conseguenza, di difficile compimento in presenza di possibili variabili. **Queste persone si muovono con accortezza ma muoversi con efficienza è cosa diversa e da imparare.
Controllare un itinerario significa orientarsi rispetto all’obiettivo:
- l’allievo deve avere memoria di un itinerario in modo da poterlo valutare in base al tempo per percorrerlo e alla distanza da percorrere; se si è oltrepassato un limite si devono fare le giuste correzioni;
- deve conoscere cosa fare per ri-orientarsi se si perde lungo il percorso;
- ....
Le regole sono:
1. non lasciarsi prendere dal panico. Il timore e l’ansia rendono difficile e impossibile controllare
l’ambiente: percepire esattamente l’ambiente e cosa indicano limiti e indizi;
2. non fare continui movimenti e cambi di posizione;
3. esplorare la zona per limiti e indizi: in modo uditivo, tattile, olfattivo;
4. determinare se nella zona ci sono limiti e indizi che danno messaggi conosciuti.
- Queste fasi possono ri-orientare. Se ciò non basta:
5. fare un programma per l’esplorazione della zona limitrofa, stabilire un punto di riferimento da
cui partire e fare un controllo di orientamento. Decidere un itinerario esplorativo corto per
trovare limiti e indizi utili;
6. controllare i movimenti in questo raggio d’azione e se non sufficienti, espandere la ricerca.
Se non si riesce e ri-orientarsi resta il “chiedere aiuto”. Ovviamente ogni persona chiederà aiuto nel momento in cui lo ritiene più opportuno, ma per le persone che stanno frequentando il corso di OM, è bene che l’aiuto venga chiesto dopo aver fatto i passaggi sopra elencati.
Il primo punto è: “non lasciarsi prendere dal panico”. La ragione è che, come dicono numerosi studi in proposito, chi si lascia prendere dal panico è realmente incapace di pensare: disorientarsi o commettere degli errori è una reazione naturale. In caso di panico è bene calmarsi per riprendere il controllo, se non si riesce è bene chiedere aiuto per evitare pericoli.
La ragione per cui alcuni non riescono a controllare correttamente un percorso anche dopo averlo progettato correttamente, è che non riescono a controllare i “limiti e gli indizi” significativi.
Prima che un allievo impari a muoversi senza prestare troppa attenzione a limiti e indizi lungo un percorso ben conosciuto, dovrà aver sviluppato particolari abilità: l’oscillazione del bastone è una componente di memoria dell’oscillazione del braccio, così come una componente di memoria è il movimento dei piedi. Le girate, specialmente 90 e 45 gradi, sono memoria percettiva di “flusso” (procedere in modo scorrevole).
I modelli del movimento si sviluppano con esercizi continui, con la ripetizione continua. La memoria cinestetica di flusso si sviluppa con la pratica e permette di percorrere itinerari conosciuti senza troppo riguardo ai limiti.
Per i ciechi con esperienza è possibile camminare e fantasticare quando percorrono itinerari conosciuti. Questa è una forma fortemente sviluppata della memoria cinestetica.
Le persone agli inizi passano il tempo ad individuare limiti e indizi e all’esplorazione. Scoprono le caratteristiche significative: sonorità, tono, posizione, materiale, conformazione del piano di calpestio, dislivelli, buche, odori, correnti d'aria, .... Per ogni itinerario, all’interno di una zona spaziale, ci sono limiti e indizi che contengono dei messaggi e lo stesso limite/indizio può avere un significato differente a seconda dell’itinerario.
La parte del programma mentale di un non vedente è avere memoria delle esperienze precedenti per muoversi oltre gli spazi conosciuti
Poiché ci si muove lungo un itinerario tutti gli input raccolti daranno le giuste indicazioni sul percorso. La memoria degli oggetti e il significato a loro attribuito, unita alla memoria percettiva di flusso, forniscono gli ingredienti necessari per il formarsi di nuovi programmi mentali.
I programmi mentali si formano continuamente ogni volta che i bambini imparano a muoversi nello spazio. L’essenziale si sviluppa mentre i bambini giocano nel loro ambiente; compito del tecnico di mobilità è insegnare a programmare un itinerario, muoversi coscientemente, controllare la propria posizione ad ogni movimento. Maggior addestramento sarà necessario ogni volta che si dovranno compiere itinerari più strutturati e usare programmi mentali sempre più complessi. Ovviamente ciò richiede delle abilità e dei prerequisiti specifici. Questi includono la capacità di usare l’input cinestetico; la capacità di ordinare gli input in una serie sensoriale mentre ci si muove; la capacità di selezionare le informazioni; capacità di fare il salto conoscitivo dalla rappresentazione in scala alla realtà per poter capire modelli e mappe tattili che rappresentano gli spazi. |